La valle divenne un'importante variante della via Francigena per la Toscana, molto utilizzata dai pellegrini nordici attirati a Bobbio dalla tomba del santo monaco irlandese (da Bobbio si seguiva la cosiddetta "Via degli Abati" che a Pontremoli si ricongiungeva con il percorso principale).
Dopo il Mille nella valle sorsero numerosi castelli e soprattutto tra '300 e '400, quando Piacenza faticava a mantenere il controllo del territorio, si imposero varie signorie rurali, spesso in lotta tra loro; tra i protagonisti più agguerriti ci furono i Malaspina, i Landi e gli Anguissola, che furono definitivamente messi a tacere soltanto con l'affermazione del Ducato di Parma e Piacenza (retto dai Farnese dal 1545 al 1731 e poi, con qualche interruzione, dai Borbone).
Risalendo la valle, diversi castelli risaltano ancora tra la pianura e i primi rilievi, in posizioni lievemente rilevate lungo il Trebbia: sulla sponda destra del fiume si incontra dapprima il castello di Gossolengo, con due torri quadrate sul fronte principale e più avanti quello di Niviano, a lungo posseduto dai Landi di Rivalta.
Sulla sponda sinistra spicca il castello di Rivalta, appartenuto all'abbazia di San Savino e poi ai Malaspina e ai Landi, che in seguito trasformarono il fortilizio in dimora residenziale e importante centro mercantile (dalla fine dell'Ottocento castello e borgo sono passati agli Zanardi Landi, che li hanno nel tempo restaurati e resi visitabili).
Sempre sulla sinistra, poco fuori dai confini del parco, si erge il castello di Statto, riconoscibile per le quattro torri tonde angolari e i fabbricati lungo le mura di difesa; in origine degli Anguissola, il castello passò poi dagli Sforza ai Caracciolo per tornare, nel secolo scorso, alla famiglia di origine.
Poco più a sud, non lontano dalla riva destra del Trebbia, sorge il magnifico castello di Montechiaro, appartenuto a Malaspina e Anguissola e venduto nel '600 ai genovesi Morando. A breve distanza dal confine meridionale del parco, dove la valle inizia il suo percorso collinare, sulla sinistra del fiume si trovano il castello e il borgo fortificato di Travo, anch'essi appartenuti a Malaspina e poi Anguissola, ai quali rimase sino al 1978, quando il palazzo fu donato all'amministrazione comunale (ospita un museo archeologico).La pianura piacentina vanta una delle reti di irrigazione più antiche della regione, la cui realizzazione è stata favorita dal gradiente idraulico del Trebbia, che si avvicina alla pianura a quota piuttosto elevata.
Le mappe seicentesche e settecentesche illustrano con chiarezza la fitta trama di scoli e canali che, staccandosi dal Trebbia, si riversano nella pianura a est del fiume, con una serie di corsi paralleli, e si dirigono verso Piacenza fiancheggiando o attraversando la raggiera di strade rettilinee che escono dalla città murata.Tra i corsi d'acqua artificiali, in più casi caratterizzati da edifici e manufatti storici di discreto interesse, spiccano soprattutto il Rio Comune di sinistra e il Rio Comune di destra che, insieme ai numerosi altri canali e scoli derivati dai primi due o direttamente dal fiume, hanno permesso nei secoli l'irrigazione di un magnifico comprensorio agricolo, punteggiato da grossi complessi aziendali spesso connessi con antiche dipendenze nobiliari o monastiche.
Un altro elemento che colpisce in questo lembo di pianura sono il gran numero e lo sviluppo in lunghezza dei filari di annosi gelsi che seguono la viabilità o i fossi tra i campi (piantati verso la fine del dominio dei Farnese per incrementare la locale industria della seta).
Testo tratto dalla pubblicazione "Parco Fluviale Regionale del Trebbia", promossa dall'Assessorato Ambiente e Riqualificazione Urbana della Regione Emilia-Romagna. © Regione Emilia-Romagna, 2012.
Coordinamento: Servizio Parchi e Risorse forestali (Enzo Valbonesi, Monica Palazzini, Maria Vittoria Biondi, Stefania Vecchio).
A cura della Fondazione Villa Ghigi.
Testi: Ivan Bisetti, Mariangela Cazzoli, Emanuela Rondoni, Chiara Spotorno.